La questione ebraica

La complessità di quest’argomento, va ben al di la della tanto ricordata quanto strumentalizzata firma del 1938. L’odiosità dell’attribuzione di responsabilità delle leggi razziali a Re Vittorio Emanuele III infatti è paragonabile soltanto all’odiosità delle leggi stesse e all’odiosità di coloro che dimentichi che dalla Monarchia Sabauda trovarono sempre appoggio e protezione, si allineano oggi al politicamente corretto infierendo oggi sull’unico anello della catena degli eventi che in Italia non è in grado di difendersi.
Queste persone, protette con ogni mezzo possibile proprio dal piccolo Re Sabaudo, sembra abbiano dimenticato, o fingono d’aver dimenticato, che fino all’avvento della R.S.I. (la cosiddetta “repubblica di Salò”, nemica dichiarata di Casa Savoia), non un ebreo Italiano morì a causa delle leggi in questione.
Basterebbe questo, ma così non è, ed allora senza volere offendere nessuno, dal momento che non ho certo le conoscenze per ridiscutere la storia ufficiale, mi limiterò a citare ovvietà risapute da tutti o affermazioni di personalità conosciute per cercare “la luce” su questo argomento.
Nessuno può negare e non dico quindi un’eresia, gli ebrei vengono sistematicamente cacciati da ogni dove, sin quando dal XV Secolo hanno in molti trovato rifugio sotto le ali della Monarchia Sabauda che consentì loro di costruire sinagoghe e prosperare sino a giungere, nell’Italia unita dai Savoia, ai più alti vertici a ridosso della Corona e a conseguire lo stato nobiliare.
La Legge della Monarchia di Casa Savoia per l’Ebraismo (29 Marzo 1848) è quella di Re Carlo Alberto che “fu tra i primi Sovrani d’Europa nel dare ai suoi sudditi ebrei la piena uguaglianza di diritti, e questa non fu mai revocata nel Regno di Sardegna e poi d’Italia, fino alle famigerate, dissonanti, leggi razziali di Mussolini”, lo scrive Gina Formiggini, nel suo piccolo saggio “Stella d’Italia Stella di David” del 1970.
Leggendo oltre i testi “consigliati”, si constata subito però, che gli ebrei non sono certo un’ eccezione nella stupidità umana, essi, come tutti gli altri prima del 1938, fecero pessimo uso della democrazia e dei loro diritti civili.
Furono infatti tra i più accaniti sostenitori del fascismo e attivi favoreggiatori della cultura e della politica che avrebbe condotto alle leggi razziali per scimmiottare Hitler.
E gli ebrei fascisti non erano un corpo estraneo all’ebraismo italiano che era, (scritto da Nicola Tranfaglia) “profondamente integrato nella società plasmata dal regime fascista” e che i suoi più alti ed influenti esponenti proclamavano “l’assoluta fedeltà degli israeliti al fascismo e al suo duce”. Renzo De Felice, nel ’93 sul suo “Storia degli ebrei italiani” scrive inoltre che essi, (gli ebrei), furono fondatori, per esempio, dei fasci di combattimento di Milano. Senza remore per il tradimento verso la Monarchia alla quale tanto dovevano e devono, furono finanziatori del partito fascista, (che sappiamo era repubblicano nel suo programma e nella sua anima, e del suo giornale “Il Popolo d’Italia”), ebbero parte attiva nelle squadre di Italo Balbo e figurano persino nel “martirologio ufficiale della rivoluzione fascista”. Furono infine, protagonisti numerosi della “marcia su Roma”
Sempre De Felice, dal quale non si può prescindere, apprendiamo che “il fascismo trovò un vasto seguito tra gli ebrei” e Curzio Malaperte, altra “intelligenza scomoda” arriva a scrivere addirittura che “Gli ebrei italiani sono stati fino al 1938 fervidi fascisti nella quasi totalità.”, e poi ancora “Gli ebrei antifascisti erano rari, tra di essi annoveravano addirittura "martiri fascisti".Fascisti fervidi nella quasi loro totalità sino al 1938”.
Anno in cui vediamo il Re Sabaudo, da essi abbandonato, (o meglio tradito dico io, da chi dopo aver dalla Dinastia avuto, ha preferito sostenere un partito repubblicano com’era quello fascista contro la Dinastia stessa), opporsi, solo e con la sola forza di un dettato costituzionale che gli consente di dire “no” solo due volte, alla volontà di quel partito che volle discriminare, brutalmente ed ignobilmente addirittura tra i suoi più ferventi fondatori.
Solo contro un regime, in quel 1938, non è solo forte della totale adesione del Paese, ma forte anche del voto del Parlamento che dei quattrocento deputati in carica, riuniti alla Camera per votare quella sciagurata legge antiebraica, ne ha presenti 351. Tutti votarono a favore, anche nello scrutinio segreto. E al Senato? Alla seduta del 20 Dicembre 1938 si contarono 164 presenti. Mancava il numero legale. Tra i presenti vi erano Luigi Einaudi, Da Como, Imperiali, Pecori Giraldi, Salvago Raggi e De Bono, che già si era dichiarato contrario in seno al Gran Consiglio.
SM il Re fu l'unico, in Italia, a difendere gli ebrei dalla follia dei politici. Lo fece come meglio poteva da Sovrano costituzionale, meglio in ogni caso di come avrebbe fatto un presidente di repubblica che, in quanto eletto, sarebbe stato complice attivo degli stessi politici che vollero quelle leggi assurde.
Va precisato, innanzi tutto, che quelle leggi non prevedevano deportazioni od uccisioni di ebrei, ma solo una serie di divieti, come quello di non poter sposare una donna ariana o quello di non poter ricoprire cariche od uffici pubblici.
Il Re era contrario a quelle norme discriminatorie e rifiutò di firmarle per ben 2 volte, nella speranza che i parlamentari ci ripensassero, ma senza alcun risultato.
Il segnale fermo e chiaro di cui il Re aveva bisogno per bloccare la legge non arrivò affatto. È così che il Re costituzionale, solo, deve alla fine firmare. La terza volta firmò,
A quel punto, Vittorio Emanuele III sapeva che c’erano due possibilità :
1) Non firmare, con la prevedibile conseguenza che le leggi sarebbero state promulgate ugualmente e che Mussolini lo avrebbe esautorato, per mezzo di una legge ad hoc e giustificando tale provvedimento con qualche manovra di carattere propagandistico.
La situazione politica interna di quel periodo vedeva il fascismo all’apice del suo successo e del consenso popolare. Il duce non sopportava la Monarchia, perché questa lo limitava.
Non firmare le leggi in questione avrebbe voluto dare a Mussolini l’appiglio che aspettava da tempo per l’esautorazione della Monarchia.
2) Firmare le leggi, facendo il possibile affinché non venissero applicate rigidamente.
Questo grande Re, la terza volta firmò quindi, ma come abbiamo detto, lo fece facendosi precursore di quella che oggi chiamiamo “disubbidienza civile”. Fu il primo, infatti, a rifiutarsi di licenziare dal suo incarico il medico ebreo Artom di Sant’Agnese, ginecologo di Corte.
Suo figlio, Umberto di Savoia, Principe Ereditario, disubbidì non ottemperando al Regio Decreto con il rifiuto di licenziare il suo aiutante di campo, Salvadori, anch’egli ebreo.


Gli intellettuali del tempo e la stessa Chiesa Cattolica non organizzarono alcuna opposizione aperta nel Paese.
Il Re non era razzista, e lo dimostrano le conferme dello storico Luciano Regolo, di fede repubblicana, e dalle stesse fonti originali fasciste, dove apprendiamo dell’azione moderatrice effettivamente svolta dal Sovrano sui deliranti propositi antisemiti di Mussolini e dei fanatici del regime. La Real Casa, già durante la guerra infine, collaborò attivamente con la Santa Sede per la salvezza di numerosi ebrei Italiani.
I Savoia quindi si rivelarono in quel particolare periodo storico, gli unici veri e fedeli amici degli Ebrei.
A dirlo sono gli ebrei stessi, ...dal Centro di Documentazione ebraica contemporanea, volume a cura di Guido Valabrega, dal titolo : “Gli ebrei in Italia durante il Fascismo”, marzo 1962 leggiamo : “Si deve obiettivamente riconoscere che fino all’8 settembre 1943 la persecuzione razziale in Italia fu contenuta in limiti moderati e di portata soprattutto economica(…)Dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943 comincia per gli ebrei italiani un tremendo periodo nuovo: l’Italia era ormai sotto il tallone tedesco e Mussolini voleva riabilitarsi agli occhi dell’alleato.” Anche questa pur onesta ammissione è però infida e fumosa, politically correct, o adatta a regger il lume ai mestatori della Storia che vogliono criminalizzare la Monarchia Sabauda a tutti i costi. Riesce infatti a non nominare il Sovrano, a non dire che i "limiti moderati" dell'antisemitismo erano dovuti alla Corona, a non accennare alla repubblica quale realtà politica che consentì la feroce estensione ed applicazione delle leggi antiebraiche.
E' una ammissione che non ha la chiarezza degli slogan repubblicani del dopoguerra alla quale siamo abituati, e che vuole far fessa la Storia. E’ in sintonia quindi con L'Italia stessa che vuole dormire sonni tranquilli sazia di "re fascista" e "re razzista" per occultare al meglio le responsabilità vere. Sarebbe bastato che il Sig. Valabrega avesse scritto : che fu soltanto nei territori occupati dai nazisti e in quelli sottratti al Regno d’Italia da Mussolini che si verificarono i misfatti ai danni degli ebrei. Ma non l'ha fatto per non dispiacere a nessuno.
Con questo piccolo contributo vogliamo tentare di riportare a galla la verità affermando in conclusione, con forza e convinzione, che firmando quelle leggi, dopo aver fatto il possibile per evitarle, Vittorio Emanuele III dimostrò ancora una volta di saper fare i conti con la realtà e di essere in grado di agire per il bene dell’Italia e del suo popolo, pur sapendo di esporsi a critiche anche feroci e di mettere a repentaglio la sua immagine.