L’Armata sarda a San Martino


La battaglia di Solferino e San Martino (24 giugno 1859)
L’Armata sarda a San Martino

Mentre i Francesi erano seriamente impegnati a Solferino, quattro divisioni dell'esercito sardo, la 1a, la 2a, la 3a e la 5a (la 4a del Generale Cialdini con i "Cacciatori delle Alpi" del Generale Garibaldi, era stata incaricata della sorveglianza dei passi alpini) si batterono valorosamente sulla sinistra estrema del fronte… appunto la zona di San Martino.

Vittorio Emanuele e lo Stato maggiore sardo infatti si erano resi conto che occorreva concorrere maggiormente alla battaglia che si stava delineando, evitando che l’iniziativa fosse monopolizzata dai francesi (chiaramente per ragioni politiche). Venne quindi deciso di impegnare tutte le truppe disponibili in quella che poteva anche essere l’ultima battaglia (e lo sarà infatti). Fu così che le Divisioni sarde si concentrarono per entrare in linea compatte. Già dal mattino la 1a, la 3a e la 5a Divisione, si erano mosse in avanti all’unisono. La 3a Divisione manovrò tra il lago e la linea ferroviaria, mentre la 1a e la 5a puntavano per vie parallele verso Pozzolengo; la 2a Divisione del Generale Fanti era rimasta a San Paolo di Lonato e da qui doveva muovere alle ore 11 verso Solferino e Cavriana in appoggio dei Francesi in funzione di riserva di manovra.


Primo a prender contatto con il nemico fu il Tenente Colonnello Carlo Cadorna, che, comandato ad una ricognizione per la 5a Divisione con uno squadrone del Saluzzo e l'8° battaglione bersaglieri, una sezione d'artiglieria e l'8° battaglione dell'11° Reggimento fanteria, si era spinto in direzione di Brugnoli, Rifinella, Arnia, Perentovella, S. Martino ed Ortaglia, fino a Cascine Ponticella. Dopo un combattimento piuttosto vivace, la piccola colonna, trovandosi di fronte a imponenti forze nemiche, cominciò e ripiegare ordinatamente, protetta dai cavalleggeri e dai pezzi, dando tempo al Generale Mollard, comandante la 3a Divisione, di mandar in soccorso la Brigata "Cuneo". Questa, senza esitare si lanciò alla baionetta, e dopo un impetuoso assalto, giunse sulle alture di San Martino, tenuta dalle truppe austriache di Benedek. Ricacciata in basso dalle soverchianti forze nemiche, tornò all'attacco, sostenuta da nutriti tiri d'artiglieria e dalle brillanti cariche dei cavalleggeri "Monferrato", tornando a conquistare la cima catturando anche tre cannoni. Anche questo successo però, fu momentaneo, perché venne nuovamente respinta.

Questa volta però, la faccenda si faceva assai seria, ed alle 10 del mattino i piemontesi erano ormai ridotti alla sola possibilità di resistere disperatamente sul posto agli attacchi austriaci, quando sopraggiunse la 5a Divisione del Generale Cucchiari a ristabilire l’equilibrio del combattimento. Le alture di San Martino così, furono di nuovo assalite e nuovamente occupate; furono perdute una terza volta, e una quarta volta riconquistate ad altissimo prezzo di sangue, poi la Divisione "Cucchiari", decimata ed affranta dalla fatica del combattimento (senza aver più mangiato dall’alba), ripiegò verso San Zeno per riordinarsi, lasciando la linea di fuoco alla Divisione "Mollard" che fronteggiò quindi da sola il nemico.

Fu in quel momento che Vittorio Emanuele inviò l'ordine al Generale Fanti di spostare verso San Martino una delle Brigate della sua Divisione. Questi, in marcia dalle ore 11 per Solferino, era giunto alle 13 a Fenile Bruse quando ricevette l'ordine di Sua Maesta il Re. Senza indugiare inviò al Generale Mollard la Brigata "Aosta" comandata dal Generale Cerale, che unitosi alla Brigata "Piemonte" agli ordini del Generale Camerana, mosse in soccorso della 1a Divisione di Durando, il quale, ormai dalle 5 del mattino combatteva senza sosta contro il nemico assai più numeroso tra Porterosse, San Carlo Vecchio e Cesellino Nuovo. La sua situazione infatti era ormai precaria, e stava per essere avvolto sulla sua destra dalla brigata austriaca Kòller.


Fanti, giunto sul monte Codignolo e accortosi del pericolo in cui si trovava Durando, fece aprire il fuoco di una batteria sul fianco sinistro della Brigata "Gaal" che fronteggiava la 1a Divisione Sarda, quindi spostò tre battaglioni sul fianco della Brigata "Kóller". L'intervento fu così tempestivo che il Generale Durando, alleggerito dalla pressione nemica, riuscì addirittura ad avanzare verso Madonna della Scoperta, dove, fuggiti gli austriaci per le molestie procurate dell'artiglieria francese del Generale Forgeot, riuscì a impadronirsene alle 14.30.

Raggiunto questo primo obiettivo, La Marmora provvide ad inviare Durando e la sua Divisione ad impegnare gli austriaci sul fianco sinistro di San Martino. Questi però, non giunse a tempo per dare aiuto a Mollard, perché lungo la via incontrò una colonna nemica, che tentava forse di aggirare il fianco destro della 3a Divisione.
Contemporaneamente a questi fatti lo stesso La Marmora ed il Generale Fanti con la Brigata “Piemonte” mossero in direzione di Pozzolengo e a sera, dopo avere aperto un varco fra numerose pattuglie nemiche scacciarono gli austriaci da Monte Serino.

Prima di impegnarsi anch’esso in battaglia, La Marmora aveva mandato a cercare il Re (da tempo infatti si erano perse le sue tracce a causa dei suoi repentini spostamenti da una zona all’altra del fronte) per far si che provvedesse ad inviare rinforzi alla 5a Divisione e contribuisse a compattare le truppe disponibili da impiegare in un ultimo sforzo.
Il Capitano Driquet racconta nel suo diario : “Nel quartier generale, non seppero dirmi altro che il Re si era diretto a Castel Venzago. Cambiato il cavallo mi recai a Castel Venzago. Trovai il Capo si Stato Maggiore della 1a Divisione. Gli chiesi del Re, ed egli mi rispose che non sapeva dove fosse, ma che lo riteneva su una di quelle alture, indicandomi col braccio la direzione di Solferino. Prosegiipertanto il quella direzione, a circa due chilometri trovai Sua Maestà, seduto in terra : aveva deposto la sciabola accanto a se, aveva la tunica sbottonata e fumava un sigaro”  


Raccolta quindi la Brigata “Aosta” (appartenente alla Divisione Fanti), la si invio alla conquista di San Martino insieme alla Brigata "Pinerolo".
Queste, entrambe spiegate su due linee, per reggimenti quindi, con l'artiglieria alle ali, e appoggiate dal 1° battaglione Bersaglieri, erano pronte all’attacco intorno alle ore 17, che sotto agli occhi del Sovrano Vittorio Emanuele furono testimoni della famosa frase di incoraggiamento espressa in dialetto piemontese : “Corage fieuj, ò j pioma San Martin o j foma San Martin” (Coraggio ragazzi, o prendiamo San Martino oppure facciamo San Martino), parafrasando sul nome del poggio da conquistare ed il nome del Santo protettore dei traslochi!
Quando infine, fu dato l’ordine di attacco, le due Brigate scattarono avanti con tale impeto, che ne i tiri del nemico ne gli elementi scatenati della natura (scoppiò un fortissimo temporale) riuscirono a fermare l’azione delle truppe sarde. 
La Brigata "Pinerolo", pur rimasta priva dei comandanti dei due Reggimenti, fin dalle prime battute dello scontro (Colonnelli Bolegno e Caminati), abbattuti da piombo austriaco, e guidata in prima persona dal Generale Moiozzo, avanzò di posizione in posizione verso Controcania; la Brigata "Aosta" invece, prese le Cascine Canova, Arnia e Monate, dove, respinti alcuni furiosi contrattacchi nemici, aprì il fuoco su Controcania con diciotto cannoni. Quindi, con alla testa il Generale Cerale, proseguì l'avanzata.
Nel frattempo il Generale Mollard, trascinata l'artiglieria disponibile su un’altura, fece aprire il fuoco da brevissima distanza sugli austriaci a mitraglia, i quali, anziché ripiegare o disperdersi, si lanciarono alla baionetta verso i pezzi sardi, che sarebbero sicuramente stati catturati.
Il Capitano Avogadro con uno Squadrone di cavalleggeri del "Monferrato" però, con due decisive cariche di alleggerimento riuscì a far desistere e retrocedere il nemico.
Approfittando del scompiglio tra le fila austriache causato dalle carica dei cavalleggeri, il Generale Mollard condusse all'ultimo assalto le truppe Sarde e, nonostante una forte resistenza nemica, riuscì a conquistare definitivamente San Martino.


Alla testa degli ultimi austriaci che difendevano anch’essi alla baionetta la posizione, c'era il Principe Alessandro D’Assia, che in un disperato contrattacco, riuscì a portare il suo battaglione fino a cento passi dal Generale Mollard, poi fu colpito da una palla che gli fracassò la borraccia e fece stramazzare al suolo il suo cavallo. Pur rimanendo illeso dovette accompagnare in ritirata le sue truppe ormai demoralizzate, proprio come il suo comandante di Corpo d'Armata Feldmaresciallo Benedek. Era infatti iniziata la ritirata generale da San Martino.

Non inseguiti dai francesi per il fortunoso temporale e non inseguiti dai piemontesi perché esausti, gli austriaci sconfitti, guadagnano in breve tempo l'opposta sponda del Mincio, mettendo in salvo ciò che restava dell’Armata imperiale.
Quella sera a Cavriana, Napoleone III pose il suo quartier generale nella stessa casa che fino a poche ore prima aveva ospitato Francesco Giuseppe, e si tolse la soddisfazione di farsi servire la cena che era stata preparata per lui.

Alberto Conterio
(da “Vittorio Emanuele II” di Piergiorgio Gasparetto - Edizioni Rusconi – 1983)